mercoledì 18 febbraio 2015

Ospedale per intensità di cura, modello fallito

Tagli ai posti letto e ospedale per intensità di cura: l'Intersindacale sul piede di guerra in Toscana


«Non è possibile continuare a tagliare la struttura produttiva degli ospedali pubblici, come si fa con la delibera 1235/2012, prevedendo una ulteriore riduzione di almeno 2000 posti letti. In questo modo si limita la possibilità di accesso alle cure per i cittadini, mentre si lascia sostanzialmente intatto l'apparato burocratico-amministrativo (3 Estav, 21 tra aziende sanitarie ed enti, Società della Salute il cui destino è ancora nebuloso)».
E' questo solo uno dei «problemi sollevati e non ancora risolti», che i sindacati dell'area medica, sanitaria e veterinaria della Toscana mettono sul tappeto, chiedendo alla Regione una soluzione rapida che «dopo un anno di confronto» tarda ancora ad arrivare. «E' evidente - minacciano dall'Intersindacale - che in mancanza di una soluzione in tempi certi delle problematiche indicate, nostro malgrado e nonostante lo spirito costruttivo e di responsabilità che finora abbiamo mantenuto, saremo costretti, a difesa del Ssr, dei cittadini e dei legittimi interessi che rappresentiamo, a proclamare lo stato di agitazione della categoria con il preciso obiettivo di arrivare ad una giornata di mobilitazione e di protesta».
Nel comunicato diffuso dall'Intersindacale si ricorda come la Toscana abbia «già raggiunto, grazie alla riorganizzazione della rete ospedaliera sviluppata negli ultimi 15 anni, quella soglia ottimale di posti letto (acuti + postacuzie) indicata dai documenti del ministero della Salute nel 3,7 per mille abitanti, mentre il rapporto personale amministrativo/personale sanitario rimane largamente al di sopra di quel 7% indicato come appropriato sempre dal ministero». «I tassi di occupazione dei posti letto in area medica oramai largamente al di sopra del 90%, i frequenti "appoggi" in area chirurgica, le difficoltà di ricovero che incontra il Pronto soccorso - è il «j'accuse» - sono espressione di un sistema che lavora costantemente in situazioni organizzative critiche. Tutto ciò rischia di avere ripercussioni negative sulla funzionalità dei singoli servizi e sulla sicurezza delle cure. E' necessario, pertanto, ripensare le scelte sul taglio dei posti letto negli ospedali».
Sotto la lente l'organizzazione degli ospedali per intensità di cura, che si starebbe rivelando «sempre più un fallimento. I medici esprimono un malessere crescente negli ospedali dove la nuova organizzazione è stata o è in corso di implementazione. E' insopportabile - continuano i sindacati - la forzatura tutta "ideologica" su un modello organizzativo privo di evidenze scientifiche sufficienti in termini di esiti clinici rispetto alla sperimentata organizzazione dipartimentale. Lo scopo principale è oramai chiaro: frantumare i luoghi fisici delle unità operative e la stessa organizzazione dipartimentale prevista dal D.lgs 502/92 per porre il processo assistenziale come elemento fondante di una nuova organizzazione ospedaliera. La volontà esplicita è quella di ridurre i medici a "macchine banali" titolari dei processi diagnostico/terapeutici (fino a quando?) ma distanti da quelli gestionali affidati ad altre figure (ingegneri "clinici", dirigenti infermieristici)».
Non si vuole più procedere ad una integrazione multi-professionale a letto del malato, ma piuttosto affermare una non governata e semplicistica autonomia delle varie professioni sanitarie attraverso uno spacchettamento del processo clinico/assistenziale. Tutto ciò inevitabilmente comporterà confusione di ruoli e conflitti i cui esiti non saranno certamente positivi per i nostri pazienti. Eppure negli ospedali pubblici le leggi statuiscono una matrice organizzativa ben precisa, basata sulla individuazione di strutture complesse, strutture semplici, incarichi professionali e di organi di governo come il Collegio di direzione e il Comitato di dipartimento. Questa matrice rappresenta un principio legislativo fondamentale e non eludibile.
Il blocco del turn over, la decurtazione delle dotazioni organiche ed il taglio lento ma inesorabile dei "primariati" rappresentano gli ulteriori elementi portanti della destrutturazione dei modelli organizzativi storici su cui sono fondate le ottime performance raggiunte finora la sistema sanitario della Toscana. Negli ospedali e nei servizi territoriali e della prevenzione si creano unità operative "guidate" a distanza di decine se non centinaia di chilometri da un unico "primario" provinciale, togliendo ai medici, ai pazienti e ai loro familiari un riferimento certo sotto il profilo della responsabilità organizzativa e clinico-professionale. In alternativa si nominano, in attesa di un concorso sempre più lontano e incerto , "facenti funzioni" sottoposti a ogni tipo di pressione da parte delle direzioni aziendali. I risultati nefasti sono sotto gli occhi di tutti: clima di lavoro caotico e conflittuale, erogazione dei servizi spesso in difficoltà, demotivazione degli operatori per la mancanza di prospettive di carriera. Il blocco del turn over insieme alla prospettiva dell'esodo pensionistico dei dirigenti medici e sanitari pubblici, una volta superato dal 2016 lo "scalone" introdotto dalla riforma Fornero, porterà il Ssn ad un impoverimento complessivo, sia in termini professionali e culturali che organizzativi, dalle ricadute imprevedibili e pericolose per la sua stessa tenuta.
E' inconcepibile - continuano i sindacati - che proprio nella Regione Toscana, paladina dell'introduzione del rapporto esclusivo per i dirigenti medici e sanitari nella legislazione nazionale, vi siano direttori generali di aziende sanitarie che tutt'ora si rifiutino attraverso una interpretazione giuridica sbagliata, se non truffaldina, del decreto legislativo 78/2010, di erogare ai giovani medici e dirigenti sanitari le indennità economiche dovute per l'opzione di lavorare a rapporto esclusivo con il servizio sanitario pubblico. Dove è andata a finire la scelta etica della fedeltà per il servizio pubblico? Che segnale diamo alle future generazioni di medici e dirigenti sanitari pubblici? Quali principi nelle scelte lavorative e nei comportamenti professionali sosteniamo? Eppure le indicazioni su questa materia fornite dalla Conferenza delle Regioni e anche dal ministero del Tesoro sono inequivocabili. Le motivazioni politiche a favore dell'erogazione piena delle indennità sono state ben espresse prima dall'assessore Scaramuccia e poi proprio dall'Assessore Marroni in documenti indirizzati ai Direttori generali. La diversa applicazione degli indirizzi ha creato sul piano regionale una retribuzione pesantemente diversificata per professionisti che svolgono lo stesso lavoro, ponendo seri dubbi di costituzionalità sulle scelte amministrative che sono già stati sollevati presso i Tribunali competenti. E' arrivato il momento di sanare questo problema che tanto malessere sta creando in molte aziende sanitarie della Toscana attraverso una assunzione di responsabilità dell'intera Giunta regionale».

Il fallimento del sistema sanitario toscano

Relazione della dottoressa Carla Breschi in Fondazione Dossetti, Aula Nuova, Montecitorio. Analisi spietata del fallimento sanitario toscano La Dott.ssa Carla Breschi Prato-La frammentazione del sistema sanitario nazionale ha sicuramente e fortemente penalizzato il cosiddetto “customer service” creando confusione, costi aggiuntivi, diseguaglianze socio-sanitarie anche all’interno di una stessa regione. In Toscana, dove eravamo abituati a prestazioni sanitarie di alto livello, sia percepito che erogato, da 10-15 anni a questa parte si sta assistendo ad un impoverimento progressivo delle capacità di risposta del sistema sanitario. A tutti noi del settore, mi riferisco ai medici ed agli operatori addetti alla assistenza diretta del paziente, appare chiaro che la governance del sistema non è più nelle loro mani da molto tempo, da quando l’ingerenza politica ha sostituito le cosiddette “baronie mediche” con vere e proprie “baronie” politiche, sulla cui correttezza ho infinite riserve. In Toscana, 12 Asl, 3 aziende ospedaliero-universitarie, Fondazioni varie etc., Estav vari etc. hanno un unico punto in comune: quello di aver creato carrozzoni politico-burocratico-amministrativi che vanno ad alimentare quella casta clientelare che risponde soltanto ai dettami della presidenza regionale, senza che i cittadini abbiano la possibilità di esercitare alcun controllo politico locale. Quando io sono entrata in ospedale, a Pistoia, l’organico dei medici della Direzione Sanitaria era di 3 unità, mentre quello dei medici della medicina era di 10 unità; attualmente l’organico dei medici igienisti, della Direzione sanitaria, è di 12 unità (approssimato forse per difetto) mentre l’organico della medicina è rimasto uguale! Segno che qualcosa non torna: noi medici ed operatori sanitari in genere, noi che dovremmo essere il fulcro del sistema sanitario, divenuti satelliti di un sistema che ci sta soffocando! E moltiplicato per tutte le direzioni sanitarie ed ospedaliere delle varie Asl, si vede lievitare in maniera impressionante il numero di coloro che hanno veramente in mano la governance della sanità, sia ospedaliera che extraospedaliera, assegnata loro con carta bianca dalla leadership politica regionale. Questi sono coloro che pensano per noi, una mente che sempre più si distacca dal corpo, cioè da noi operatori, che si gratifica lautamente a livello stipendiale, che è autoreferenziale, che si moltiplica in maniera incontrollata, che diventa sempre più contrapposta a noi, ridotti per numero e misurati con il contagocce e comunque ricattabili perché, come sapete, i direttori di unità operative sono nominati dai Direttori generali della Asl! Se non ci fosse stato tutto questo apparato, che poi ha prodotto dei “ mostri “ come il buco Dell’Asl di Massa Carrara etc., forse anche la spending review sanitaria sarebbe stata meno penalizzante? Forse non ci sarebbe stato il bisogno di chiudere i piccoli ospedali o di depotenziarli, cosi come è avvenuto a Volterra, a Pescia od a San Marcello Pistoiese, desertificando la sanità della montagna pistoiese? Forse non ci sarebbe stato il bisogno di ricorrere a nuovi modelli organizzativi, copiati dall’estero, dove sono stati da tempo accantonati? Mi riferisco alla organizzazione cosiddetta “ per intensità di cure” che aveva il solo scopo di risparmiare sul personale sanitario ed invece sta facendo acqua da tutte le parti, tranne che laddove si investe di più in personale addetto all’assistenza diretta. Quasi un boomerang, direi, per chi ha sostenuto questo modello destrutturante. E da tutto ciò deriva un peggioramento dell’assistenza al cittadino, anche per bisogni percepiti in maniera inadeguata! Chi prende decisioni in sanità oggi, generalmente non ha mai lavorato a contatto con il paziente, questo è il grande problema! Pensate poi che nella nostra Asl di Pistoia i posti letto già sono ampiamente sotto il livello raccomandato e considerate che ridimensionare posti letto in una grande città, dove ci sono più presidi ospedalieri, ha un effetto ben diverso che agire nella provincia di Pistoia dove siamo a 2,7 posti letto per mille abitanti e dove non esistono al momento presidi per cure intermedie, né un adeguato numero di Rsa e dall’Abetone per arrivare all’ospedale più vicino occorrono quasi due ore! Non voglio poi alludere a quello che da noi è stato il pasticciaccio della società della salute, che non ha prodotto niente. La verità purtroppo è che i centri minori devono morire, diventare soltanto dei pronto soccorso, per far vivere i grandi centri ospedaliero-universitari, che sono le vere grandi voragini della sanità assieme al sistema perverso che ho prima descritto. Un tempo il governatore Rossi disse che in ogni punto della Toscana ogni cittadino doveva poter usufruire delle stesse cure di cui può usufruire un abitante di Firenze; beh, forse non si ricorda più di questa affermazione. Ben venga quindi un ripensamento da parte di Stato e Regioni! tratto da http://ilpuntodiprato.altervista.org